Con Juve-Milan riparte un calcio diverso: i 5 paradossi del protocollo

TORINO - Torna il calcio, ma sarà diverso. Oggi (venerdì 12 giugno) alle 21 Rai 1 trasmetterà la prima semifinale di ritorno di Coppa Italia, Juventus-Milan, il giorno dopo toccherà all'altra, Napoli-Inter, in attesa della finale di mercoledì. Delle tante limitazioni si è parlato spesso, le impone l'emergenza sanitaria, lamentarsene sarebbe sciocco e ignorarle pericoloso. Ma siamo sicuri che tutte queste misure siano davvero indispensabili? Il dettagliatissimo protocollo sanitario ha prodotto anche una serie di paradossi, che sfuggono alla logica delle cose per come sono e per come avverranno. E di cui, durante i briefing per preparare la ripresa delle gare, si sono accorti bene anche i vertici del calcio italiano.

1 - Gli accessi separati
Un punto cardine del protocollo medico per la ripresa sono i percorsi separati: le due squadre devono arrivare a orari diversi e seguire strade differenti una dall'altra. Squadre composte da giocatori che in larga parte - soprattutto con le 5 sostituzioni - poi saranno a strettissimo contatto tra loro in campo. Dove, nonostante l'invito a una "aggressività meno marcata", finiranno per scontrarsi, venire a contatto e respirare a distanza ravvicinatissima. Poi però, al fischio finale o all'intervallo, è prescritto di uscire con "tempistiche differenti per l’ingresso in campo e l’uscita dal campo delle squadre".

2 - Il distanziamento in panchina
I giocatori della stessa squadra in panchina devono sedersi a distanza l'uno dall'altro, magari anche utilizzando parti di tribuna. In Germania addirittura indossando la mascherina. Certo fa effetto pensando che gli stessi giocatori si allenameno insieme ogni giorno venendo anche a contatto, usano lo stesso spogliatoio e mangiano negli stessi spazi. In più, sono fianco a fianco in barriera, prima di un calcio di punizione. 

3 - Le esultanze
Dopo un gol, niente abbracci, solo tocchi col gomito o piede contro piede, tra compagni di squadra, ossia persone che passano i giorni insieme condividendo gli stessi spazi e sottoponendosi agli stessi controlli. Poi però tra avversari nessuno può vietare l'abbraccio in area di rigore per una marcatura arcigna su calcio d'angolo non ha alcuna limitazione (e non potrebbe essere altrimenti).    

4 - Le porte chiuse
Condizione insuperabile per la ripresa, è giocare a porte chiuse. In Germania si sono già abituati (o quasi) alle sagome sulle tribune, in Italia dovremo farlo presto, accontentandoci dell'orrido effetto del tifo registrato in tv. Eppure, teatri e cinema all'aperto potranno già dalle prossime ore ospitare fino a mille spettatori. Duecento invece gli spettacoli al chiuso. Ma il calcio per il governo non è uno spettacolo, né lo sport in genere. Eppure, forse è meno rischioso sparpagliare mille persone a San Siro che tenerne duecento in un cinema d'essai. 

5 - Il personale
Allo stadio sono previste al massimo 300 persone, non più di 100 per ogni zona (recinto di gioco, spalti, aree esterne). Tra le 31 categorie di lavoratori presenti (dai calciatori fino ai licenziatari dei diritti tv) non sono però reviste figure utili a predisporre cibo per i protagonisti in campo. E se le squadre si stanno attrezzando con personale interno per predisporre gli alimenti che i giocatori consumano tra un tempo e l'altro o a fine partita, sta diventando complicato allestire un tavolo di frutta anche per i poveri arbitri.

fonte repubblica.it


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